Dal vangelo secondo Marco (Mc 13, 33-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
MEDITAZIONE
Iniziamo un nuovo anno liturgico
Iniziamo con il tempo di Avvento un nuovo anno liturgico in cui ci accompagnerà il vangelo di Marco; il brano evangelico che apre il ciclo in preparazione al Natale del Signore in questo Anno B è la conclusione del capitolo 13 (vv. 33-37), la piccola apocalisse di Marco, in cui predomina il termine vegliare. Il testo ha degli agganci con il racconto della passione che segue subito dopo (Mc 14), e chiude un discorso con chiari riferimento all’apocalittica giudaica (in particolare al testo di Daniele), ma anche a temi importanti in questo vangelo; vi ritroviamo in particolare la Cristologia di Marco, con l’utilizzo del titolo Figlio dell’uomo.
Come sempre l’Avvento, che ci prepara alla celebrazione e sul ricordo della venuta nella carne di Gesù, inizia il percorso con uno sguardo verso il futuro, ossia verso la venuta gloria del Cristo risorto alla fine dei tempi; solo con la seconda domenica di Avvento lo sguardo si pone all’interno della storia, con i testi relativi a Giovanni il Precursore.
L’invito pressante rivoltoci in questa prima domenica è allora quello di vegliare, perché “quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre” (Mc 13,32).
Fate attenzione, vegliate…
Siamo alla conclusione del discorso escatologico che nel vangelo di Marco occupa tutto il capitolo 13; esso inizia al v. 5 dove Gesù risponde alla domanda di un piccolo gruppo di discepoli (vedi Mc 13,3-4); l’esortazione finale però, come vedremo al v. 37, è valida per ogni discepoli di Cristo.
Non prendiamo in considerazione tutto il discorso ma solo questi versetti finali in cui predomina l’imperativo vegliate (gregoreite), ripreso praticamente ad ogni versetto, che presentano chiari rimandi anche al racconto della passione (vedi Mc 14,34.37.40).
Nel versetto 33 il verbo vegliare è in coppia con l’altro verbo tipico di questo capitolo, fate attenzione (blepete), o state attenti, state svegli, che pure ricorre diverse volte (vedi vv. 5.9.23) e poiché al v. 32 l’evangelista ha appena messo sulla bocca di Gesù la sorprendente affermazione “quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre“, se ne capisce l’importanza: il modo migliore per vivere il presente, per un credente, è la vigilanza.
Ma di quale giorno si sta parlando? Della venuta finale di Cristo risorto e del giudizio che concluderà la storia? Come tutti i testi di genere apocalittico anche questo è rivolto ad una comunità che soffre persecuzione e a cui si ricordano i motivi di speranza e insieme a cui si vuol recare consolazione. In esso non si possono facilmente dividere i diversi piani che si intersecano, ossia il presente, il futuro (la venuta finale del Cristo glorioso) e la rovina storica di Gerusalemme (rivolto al giudaismo). Essere svegli e vigili significa in qualche modo vivere coscientemente… vivere prendendo coscienza – ponendo lo sguardo fuori dall’Io – per recuperare momenti di meditazione nella preghiera. Il fermarci, come la “sentinella”, per vedere ciò che ci succede intorno e dentro, è fondamentale per vivere bene, ancor di più per vivere da Cristiani. Quando meditiamo nella preghiera, recuperiamo il senso per cui siamo nati, allora tutto il resto sfuma… Spesso ci sentiamo nella confusione o ancor peggio angosciati: ci manca veramente qualcosa, o il nostro sistema di valutazione è sbagliato? Le cose sono tali per il valore ed il significato che diamo loro… la vigilanza evangelica, meditazione e preghiera, ci aiutano a dare la giusta importanza alle “cose”.
Non sappiamo quando avverrà: la sfida enigmatica del tempo
Ancora una volta il “tempo” (Kairòs) è la grande sfida enigmatica dell’umanità. Non sapevano quando Cristo fosse morto e risorto, così come le persecuzioni dei primi cristiani sarebbero terminate. Non sapevano e non sappiamo quando sarà la fine del mondo o semplicemente la fine della propria vita. Ecco perché l’Evangelista usa la parola “tempo” non cronologico (Krònos) ma tempo vissuto in pienezza (Kairòs). Come Cristo ascendendo al cielo è partito per questo viaggio, ma tornerà…, così non sappiamo quanto tempo abbiamo…Non sprechiamo il tempo con Dio! Vivere il tempo per il Vangelo è viverlo in pienezza, vivere ogni istante come dono, non dando per scontato che la fine è lontana, né facendo previsioni profetiche che rasentano l’idolatria e la bestemmia… Non sappiamo né quando finisce la nostra vita, n quando finisce il mondo. Ecco perché l’evangelista ci “mette addosso” l’urgenza di rivalutare il nostro rapporto con il fattore “tempo”. Dobbiamo imparare a dire addio a tutto ciò che non è attuale nella nostra vita! A guardare avanti con prudenza ed attesa. Prudenza per poter vivere in pienezza come dono un “ora” che non mi sarà più data indietro… Nell’attesa perché non sappiamo quando giungerà la nostra ora né quando il Signore ritornerà.
La speranza
Il cristiano vive in questa attesa dell’ultimo viaggio e della venuta del Salvatore, non in modo drammatico – nonostante la tristezza che può recarci la “divisione” del tempo e della morte… Quanto invece nella speranza certa che viviamo per attendere la “terra promessa”, il Paradiso che Cristo ci ha guadagnato sulla Croce!
34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Ecco la piccola parabola (in coppia con quella del fico che occupa i vv. 28-29 dove l’attenzione è posta sui segni dei tempi); qui abbiamo un racconto per alcuni versi vicino all’incipit della parabola dei talenti di Matteo (Mt 25,14-15) o delle monete d’oro in Luca (Lc 19,12-13), ma con un diverso intento. Poiché il padrone ha dato un compito preciso a ciascun servo ognuno deve stare attento per poter ricevere un giudizio positivo al suo ritorno. Tutto questo vale anche per noi cristiani di oggi, chiamati a tenere viva la speranza e il riferimento al ritorno glorioso di Gesù Signore e a vivere con impegno il nostro presente; un invito quanto mai appropriato all’inizio di un nuovo anno liturgico e del cammino che ci prepara al Natale.