Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28,16-20)
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
MEDITAZIONE
Gesù indica “dove” incontrarlo
Gesù aveva indicato un monte su cui incontrarlo risuscitato. Gesù, ormai risorto, rivela il suo essere vero uomo e vero Dio. L’autore del Deuteronomio (Dt 4,32s) si stupiva lodando Dio di avere la divinità cosi vicina a loro. Cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l’hai udita tu, e rimanesse vivo? (Dt 4,33). La Divinità, Santissima Trinità, non si è solo avvicinata a noi, non si è solo fatta prossima a noi, ma – con l’Incarnazione del Verbo Dio – è venuta ed ha posto “la tenda” in mezzo a noi. La nostra fede ha sempre una dimensione personale ed una comunitaria: tutti e ciascuno degli undici andarono al luogo indicato da Gesù. Questo versetto ci apre alla consapevolezza che non è tanto importante il luogo montuoso di quel tempo a cui fa riferimento – dato che i Vangeli sono stati scritti dopo la morte e resurrezione di Cristo (Matteo redatto circa nel 90 d.C.) – quanto il “monte” dove incontrare Gesù è un posto simbolico. Possiamo allora stupirci lodando Dio ancor di più dell’autore del Deuteronomio perché, abbiamo la possibilità di ascoltare direttamente la voce di Dio e gustare la sua divina presenza! Abbiamo così tanto la divinità presente nella nostra vita tanto che però spesso non ce ne accorgiamo. Potremmo certo dire: dove trovare davvero Dio? Su ciò che Gesù aveva indicato! Tutti i “luoghi”, i modi, i valori, i sacramenti, le situazioni in cui incontrare Gesù sono tutte scritte, quindi indicate, nel Vangelo. Se vogliamo incontrare la presenza Divina dobbiamo andare “dove” ci ha indicato Gesù. Il fatto che il luogo a cui fa riferimento l’evangelista sia un monte: è simbolico. Verrebbe a significare un luogo conosciuto dagli apostoli, forse il “monte” degli ulivi, o quello della trasfigurazione: vuole comunque di che Gesù lo incontri dove di fatto già ti ha portato; ma anche significa che l’incontro con Gesù è bello come salire in montagna, ma allo stesso tempo anche faticoso, un pellegrinaggio in salita che stanca ma da cui poi vedi le “vicende della vita” dall’alto.
Videro, si prostrarono, dubitavano
Tre verbi dei discepoli che segnano l’incontro con Cristo risorto: videro, si prostrarono, dubitarono. La visione di Cristo risorto, è qualcosa che è possibile agli occhi umani. Dai Vangeli della resurrezione si legge sempre che era irriconoscibile, come se avesse un’altra forma, un altro aspetto: un corpo fisico che andava visto con gli occhi dello Spirito, ma lasciava sempre il dubbio nel cuore. Comunque rimane il fatto che l’umanità è capace di Dio, è capace di vedere l’attività di Cristo risorto nelle vicende umane. Ma serve “salire” sul monte del discernimento, sul “monte” della preghiera, laddove leggiamo i fatti con gli occhi dello spirito illuminati dalla sua Parola. Quando allora l’intuizione ti porta a comprendere che c’è il Signore risorto, che c’è la Sua attività nella tua vita, resti sbalordito, incantato dal fatto che, da una “montagna” di macerie, la realtà, è trasfigurata dal Risorto! La prostrazione è segno di adorazione. L’adorazione è quando vedi qualcosa di così bello da cui non riesci a staccare gli occhi, quando vedi qualcosa – spesso di inaspettato – che ti illumina la giornata. Qualcosa o qualcuno, un fatto o una situazione così bella, anzi bellissima, che ti accorgi essere troppo alta alle tue capacità di concepire di produrla: allora ti prostri, perché c’è una realtà lì, davanti a te, da cui non ti staccheresti, che tu non avresti mai saputo creare se solo un po’ orientare, una realtà tale che fa prostrare perché rimette l’uomo alla sua posizione rispetto a Dio! Il Timor di Dio è il dono dello Spirito che va richiesto per comprendere che l’affidamento allo Spirito santo fa veramente cose grandi nella vita! Siamo purtroppo di più portati a stare in piedi, in questa società ben preparata su tutto, e metterci su un pulpito travestendoci da predicatori o evangelizzatori umili: ma davanti alla grandezza di Dio l’umanità non può che accettare l’umiltà, e l’umiltà è l’accettazione delle umiliazioni. Siamo sempre dubbiosi, costretti dal nostro ego, dal nostro io, a concepire che la realtà divina si palesa a me quando e come voglio io! Gesù risorto si palesa per sua iniziativa, anzi, neanche sua: ma quella del Padre. I dubbi fanno parte della fede: non fa parte della fede la mistificazione o l’egocentrismo seppur anche comunitario.
la Condivisione
Il potere di Gesù è un Potere che si esplica attraverso l’amore. Il comando, la missione del cristiano è immergere ed immergersi nel Padre, nel Figlio e nello Spirito santo. Battezzare alla lettera significa immergere. Il Battessimo ci immerge nella vita trinitaria che è tutta Amore. In questo rapporto dei singoli fratelli e sorelle, nella comunità, non prevede più l’io con i suoi diritti, ne il tu con i tuoi doveri: ma solo il noi! La comunità è un noi in Dio (e non solo insieme a Dio), la manifestazione che la comunità – con tutti i suoi dubbi – sia immersa nella Trinità è proprio l’amore! Tre persone divine, distinte, diverse che sono unite solo dall’amore eterno e reale… Perché non litigano mai? Perché l’amore non rivendica diritti e pretende doveri! La missione del cristiano, quella di battezzare, non può restare un fatto rituale, legato ad un sacramento celebrato in Chiesa e spesso scambiato per una festaiola cerimonia, ma è la seria condizione vitale di vivere un amore che ci immerga nelle situazioni, nella vita del prossimo e, il prossimo in cui dobbiamo immergerci con il nostro amore, è sempre lo stesso ma anche il diverso, siamo chiamati ad amare – ad immergerci – nella vita dei nostri fratelli e sorelle ma anche ad immergerci nelle vite di coloro che neanche conosciamo. Oggi sembra ci sia paura di vivere un amore confidenziale perché c’è il rischio venga meno il rispetto e la fiducia; ma vale la pena rischiare perché il vero amore è confidenziale così come Gesù lo ha vissuto nel mondo e così come la Santissima Trinità ci fa vivere in Se stessa e nella Chiesa. La confidenza trinitaria ci porta a percepire che la grande potenza dell’amore dello Spirito santo ci dona rapporti veri, stabili, non dettati da “stringhe” umane, ma donandoci la libertà per cui e con cui siamo stati creati: solo la libertà ci rende la possibilità di essere generosi perché gratuiti, gratuiti perché amati da Dio. Il Potere di Gesù Cristo è quello della condivisione della Presenza dell’Amore di Dio nell’umanità, quello che davvero fa i miracoli e va oltre la morte. La condivisione, che nella Chiesa spesso è diventata una parola che riguarda solo la “ricognizione verbale”, è invece fare entrare gli altri nella nostra vita e viceversa con tutto il rischio che ne comporta. La condivisione è rischiosa ma da il significato vero alla nostra stessa vita! Condividere tutto: sentimenti, beni, momenti belli e brutti, senza pregressi, senza pregiudizi e senza vergogna: condividere con libertà la libertà dell’umanità!