Dal Vangelo secondo Luca (2,1-7)
1 Ora, in quei giorni fu emanato un decreto da parte di Cesare Augusto, che si compisse il censimento di tutto l’impero. 2 Questo censimento fu il primo ad essere fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3 E tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella sua città. 4Or anche Giuseppe uscì dalla città di Nazaret della Galilea, per recarsi in Giudea nella città di Davide, chiamata Betlemme, perché egli era della casa e della famiglia di Davide, 5per farsi registrare con Maria, sua moglie, che aveva sposato e che era incinta. 6 Così mentre erano là, giunse per lei il tempo del parto. 7 Ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, e lo fasciò e lo pose a giacere in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.
Lectio divine: “Natale del Signore“
Quando venne la pienezza del tempo
Dio mandò il suo Figlio Gal 4,4
Passato, presente e futuro
L’evangelista ci tiene a – come nelle altre occasioni lui e gli altri evangelisti – a definire bene il fattore “tempo” della nascita di Gesù. Per Maria giunge il tempo del parto proprio quando è a Betlemme per il censimento… Il tempo non è quasi mai sinonimo di comodità, di aspettative corrisposte. Ma perché Dio ha deciso poi di incarnarsi in quel tempo? Non prima ne dopo? Noi conosciamo un prima e un dopo Gesù di Nazareth, l’Antico ed il Nuovo Testamento e, la sua venuta, ha dato un altro senso al calendario che – anche con qualche errore – fa ricominciare dalla sua nascita un nuovo tempo umano, l’anno Zero. Anche per noi, alcune date, drammatiche o felici, segnano un cambiamento vitale: prima o dopo di una persona cara che è defunta ad esempio, oppure sul livello sociale si parla prima o dopo la pandemia del Covid19… Spesso perdiamo tempo però a rimurginare sul passato, al: “se avessi fatto questo o quello”, “se fosse successo questo o quest’altro” e, diventiamo, schiavi del passato, delle sue ferite ormai cicatrizzate e di tanti “se e ma”. Ma anche spesso siamo tentati di costruire un futuro certo, come se le cose dovessero andare come abbiamo programmato ma poi, la realtà, ci propinerà qualcosa di diverso… S. Agostino, come noi del resto, distingue il tempo in tre fasi: passato, presente e futuro. Egli scopre che il futuro ancora non c’è, e il passato è già volato via e non è più. Perciò il passato ed il futuro in se stessi non esistono, essi esistono solo grazie al presente che conserva il passato e anticipa il futuro: la memoria dell’uomo trattiene il passato, la previsione dell’uomo anticipa il futuro e, l’intuizione, fa cogliere il presente. Pertanto il tempo non esiste al di fuori dell’uomo, bensì soltanto nell’uomo: è nella nostra mente che si trovano in qualche modo questi tre tempi, mentre altrove non li vedo: il presente del passato vale a dire la memoria, il presente del presente vale a dire l’intuizione, e il presente del futuro vale a dire l’attesa… E’ in te, o anima, che io misuro il tempo… L’impressione che le cose fanno in te passare e in te rimane quando sono passate, è questa che io misuro presente, non le cose che sono passate, in modo da riprodurvela. E’ questa che io misuro quando misuro il tempo. (s. Agostino, Confessioni XI, 20.21.27). Come vivo il rapporto con il tempo? Sono angustiato rimuginando sul passato e angustiato per il futuro? Vedendo a Maria e Giuseppe: il loro tempo – vissuto comunque umanamente come lo vivrà Gesù di Nazareth – è legato alla realtà eterna di Dio: vivono come in un sogno, vivono in una profezia. Questo è il cristiano: vive il tempo come occasione e come profezia.
I segni dei tempi
Nei trentatre anni della vita di Gesù è successa una cosa sorprendente! Dio che non ha tempo, che è eterno, che non è sottoponibile a questa misurazione cronologica: è entrato nel tempo dell’umanità. Il tempo è una proprietà delle realtà corporee, fisiche, soggette al divenire, al cambiamento, allo sviluppo, alla generazione e alla corruzione, tutti eventi che hanno un prima ed un poi, e possono quindi essere misurati. Si dicono eterne le cose che sono senza origine, che cioè non hanno causa (s. Tommaso d’Aquino, In Div. Nom., lect 10, n.3): e Dio non ha origine, non è causato all’esistenza da qualcuno. Non so se ci accorgiamo cosa significa essere creati con un inizio di un tempo cronologico – pensiamo alla settimana del libro della Genesi – e redenti da Dio che ha trasformato il nostro tempo in un tempo di grazia. Cioè siamo passati dalla concezione del tempo come misurazione cronologica, alla concezione del tempo come atto di grazia divina! Il tempo, bello o brutto che sia o ci sembri, è un dono di Dio perché in esso troviamo la Presenza di Dio nel tempo, troviamo Gesù Cristo. Questo concepire il tempo come dono, nonostante i dolori, ce lo fa vivere in pienezza non entrando nella nostalgia e nella rimurginazione del passato, ce lo fa vivere in pienezza non entrando nell’ angustia e nella paura del futuro, ma ci fa vivere la realtà nel presente perché, la vita di Dio, è nel presente, è in un eterno presente. Vivere il tempo come grazia significa viverlo con amore, vivere l’amore in ogni tempo perché, dice san Giovanni, Dio è amore! Quante volte manchiamo all’appuntamento con Dio, con l’Amore, con l’atto d’amore che possiamo fare al prossimo e a noi stessi perché: non abbiamo tempo? Oggi non abbiamo mai tempo! Sembra che dobbiamo riempire tutto il tempo per non restare senza far niente. La società ci ha propinato la regola base che: il tempo è denaro! Siamo chiamati a vivere il tempo come dono oggi, qui come atto di amore e di viverlo attuando l’Amore; questo vuole dire quando Gesù annuncia che i tempi sono compiuti ed il Regno di Dio è vicino (Mc 1,15; cfr. Lc 4,21). Durante tutto il suo ministero egli sollecita quindi i suoi uditori a comprendere i “segni del tempo in cui vivono (Mt 16,1ss)… Con Lui è giunta la “pienezza dei tempi (Gal 4,4; Ef 1,10). Egli ha introdotto nella storia di Israele l’elemento definitivo che la predicazione del Vangelo porrà in piena luce (X.L. Dufour, Dizionario di Teologia biblica, EDB, alla voce “Tempo”). Come allora discerne, comprendere i segni di Dio nel presente affinché sia illuminato e guarito il passato e, sappiamo muoverci verso il futuro? Dio manda dei segni nel nostro tempo presente, memoriali dal passato, profezie che ci accompagnino per il futuro: “dove” leggerli o udirli? Nella Sacra scrittura cosi detta: Parola di Dio; Ella è fonte di discernimento per i segni dei tempi.
Dal tempo cronologico al tempo di grazia
C’è stato un tempo, un periodo cruciale in cui, il “tempo” eterno di Dio e il tempo finevole dell’uomo sono entrati in contatto come in un cortocircuito; questo periodo di cortocircuito è fatto di tre giorni: il triduo pasquale di duemila anni fa circa… Gesù di Nazareth, vero Dio e vero uomo, ha vissuto in pieno il “tempo” umano nel dramma ma anche nel rito della sua ultima Pasqua: ultima cena, passione, morte e resurrezione. Lui uomo mortale ma anche Presenza eterna di Dio ha fatto di quei tre giorni, chiamati Mistero pasquale (passione, morte e resurrezione): un momento di tre giorni – anzi una celebrazione in cui Lui sommo sacerdote si è offerto al Padre per la nostra salvezza – , un memoriale perenne: qualcosa che non resta racchiuso in quei tre giorni ma per la sua portata di incontro tra eternità e tempo, assumono una peculiare energia da cui si può attingere in ogni tempo. Quel mistero pasquale, anche se noi non eravamo presenti, è ancora oggi fonte di grazia per noi grazie allo Spirito santo e alla nostra partecipazione all’ascolto e all’azione della Parola di Dio nelle celebrazioni liturgiche della Chiesa: la liturgia è l’ultimo atto storico salvifico di Dio per noi (S. Marsili, Anamnesis). Nei testi liturgici, nelle preghiere e nei riti si cela il Mistero pasquale di quei tra giorni di passione, morte e resurrezione, cosicché ogni Parola di Dio che leggiamo, scritta chissà quando, opera per noi oggi, adesso. Tutta la Scrittura è profezia che ci aiuta a discernere la nostra vita presente, ci spiega il senso del nostro passato e ci indica il sentiero per il nostro futuro. Tutta la Salvezza che Dio ha operato e che è scritta sulla Bibbia scende su di noi nel tempo in cui la leggiamo. In tre anni di domenica e in due anni leggiamo tutta la bibbia, in una anno leggiamo tutti i misteri di Cristo, ogni anno è diviso in tempi liturgici che riguardano il nostro rapporto con Cristo (Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ordinario), ogni tempo è diviso in settimane in cui si ripropone la “settimana” santa della Pasqua di Gesù, così ogni ora è scandita dal ricordo della sua morte e resurrezione e della nostra redenzione (liturgia delle ore). Scoprire il nostro tempo come tempo di grazia significa far entrare la Presenza di Dio nelle ore della nostra giornata, nei giorni della nostra settimana, nelle settimane dei tempi liturgici e nell’anno in cui rileggiamo la storia di Cristo nella sua interezza e biblica nei tre anni.
In questo sentiremo che il tempo intero della storia dell’umanità, che il tempo della nostra storia personale ha un inizio nella creazione e un fine nella redenzione, cioè partecipiamo della grazia della resurrezione. La vita della storia umana e, la nostra, è racchiusa tra la prima frase delle Sacre scritture: in principio Dio creò il cielo e la terra (Gen 1,1) e l’ultima: colui che attesta queste cose dice: Sì, vengo presto! Amen. Vieni, Signore Gesù. (Ap 22,20).
Allarga lo spazio della tua tenda,
stendi i teli della tua dimora senza risparmio,
allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti (Is 54,2)
Dal tempo…
L’evangelista nella stessa modalità con la quale gestisce il tempo, in questo vangelo, così farà con lo spazio, con i luoghi e con tutto ciò che costituisce uno spazio nello spazio. Ed allora il tempo per Maria del parto, non più un tempo cronologico ma kairologico scandisce che quel Dio della rivelazione si incarna e lo fa in uno spazio, in un luogo che definisce la scansione della volontà di Dio. Proprio nei giorni e nelle ore della Rivelazione lo spazio, forse, più del tempo, costituisce un elemento fondamentale. In Gn. 26 si parla di uno spazio dove prosperare, in Isaia 54 uno spazio che si allarga e si rinforza, il profeta Zaccaria invece parlerà di un popolo in esilio che riempirà uno spazio che a loro non basterà. Lo spazio quindi ha la sua importanza perché è il luogo dove risiede il tempo. Luca negli atti degli apostoli al capitolo 17 dirà: Egli (Dio) creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio.
Tutto, quindi, ha un suo pensiero iniziale, una sua genesi..nulla è lasciato a caso. Questo è nella storia e nel DNA della Chiesa che per mezzo del battesimo ci rende Re, Sacerdoti e Profeti. La profezia iniziale sarà il compimento finale, ciò che si Rivela si incarna. Maria quindi è pronta a dare senso e storia a quanto già nell’Antico Testamento era previsto.
…allo spazio…
Più che lo spazio, il tempo dell’incarnazione riempirà i luoghi. Quest’ultimi parlano di un Avvento. Laddove c’è un imperatore (Cesare Augusto) c’è un impero, c’è una contrapposizione tra l’umano e il trascendente tra l’uomo e Dio. L’uomo innalza la sua grandezza, Dio la sua piccolezza. In questo spazio quegli uomini realizzeranno un censimento ovvero il potere dell’uomo sull’uomo. Ciò che sta per avvenire è testimonianza nelle luci del Natale che entrano nelle tenebre. Ed allora se nelle città arriva la sottomissione umana del censimento, dalla città del pane (Nazareth) esce colui che avrà lo scettro, colui che pulirà l’aia. Oltre che nel tempo il Dio incarnato, Gesù Cristo, comincia a manifestarsi nei luoghi, negli spazi.
Comincia la storia della salvezza ed il passaggio di Gesù, nel grembo di Maria, è l’inizio dei tempi e luoghi della redenzione. Uno spazio che colpisce è sicuramente il passaggio a Betlemme laddove le promesse trovano compimento e fedeltà di Dio alla sua promessa e alla parola del profeta Michea 5,1: E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti.
….dal kairos….alla mangiatoia
Spazi negli spazi….luoghi che trovano luce e centro laddove l’umana divinità di Maria si sottometterà all’umanità di una registrazione. Betlemme cosi, come nel pensiero di Dio, è centro del kairos, del tempo che incontra lo spazio, dell’umano che incontra il divino. Sant’Agostino nel Sermone 188 dira: Ci ha amato tanto che per noi è nato nel tempo lui, per mezzo del quale è stato creato il tempo; nel mondo fu più piccolo di età di molti suoi servi, lui che è eternamente anteriore al mondo stesso; è diventato uomo, lui che ha fatto l’uomo; è stato formato da una madre che lui ha creato; è stato sorretto da mani che lui ha formato; ha succhiato da un seno che lui ha riempito; il Verbo senza il quale è muta l’umana eloquenza ha vagito nella mangiatoia, come bambino che non sa ancora parlare. Prima della mangiatoia però c’è un rifiuto, un indisponibilità, una mancata accoglienza…nell’albergo non c’era posto. Giovanni nel prologo dirà: “i suoi non l’hanno accolto” Ecco allora la “mangiatoia” che esprime l’abbassamento di Dio e prelude già alle vicende successive: la grotta della nascita e la grotta della tomba, le fasce della nascita e quelle della morte , il legno della mangiatoia e il legno della croce. Anche l’albero di Natale. La relazione tra il Natale e la Passione. E’ lo stesso mistero che giunge al compimento. E’ la stessa passione d’amore di Dio per l’uomo che lega insieme gli avvenimenti della storia della salvezza. E’ lo stesso volto inedito di Dio che prende forma nella successione degli avvenimenti.
La mangiatoia è l’Eucaristia…Betlemme la “casa del pane”.
….i re magi
Rappresentano il collegamento tra la divinità e l’umanità.
Gli viene indicata una direzione ed una destinazione ed ecco appare la guida…una stella. Ammireranno ciò si pone davanti ai loro occhi…capiranno…faranno discernimento. I magi ci fanno comprendere che dopo aver ammirato e contemplato che occorre mettersi in ascolto e al servizio nella carità, nell’amore laddove Dio, per mezzo della Chiesa, ci invierà.
….il kairos e il nostro kronos
Il tempo e lo spazio si sono amalgamati. La mangiatoia da luogo inospitale diventa vessillo di salvezza ovvero legno della croce simbolo della redenzione e della destinazione finale dell’uomo il PARADISO. La mangiatoia, quindi, contemplandola diventa uno spazio di grazia. Per noi è così? L’umanità di una mangiatoia si contrappone alla nostra umanità, solo natalizia? Il rapporto con gli spazi e i luoghi non solo della fede, li vivo come passaggi della vita dove c’è Dio?
– UN FIGLIO UNICO… A CUI ATTRIBUIRE PRESUNTI FRATELLI
Matteo 13,53-56: ”Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria? E i suoi fratelli (greco: adelphòi) Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle (greco: adelphài) non sono tutte fra noi?”
Ma vediamo come stanno realmente le cose. Intanto abbiamo voluto controllare sui dizionari di Greco i significati della parola ADELPHOS.
I dizionari concordano nel dare questi significati: fratello, fratellastro; congiunto in parentela. Nel N.T. significa anche fratello nella fede. Questo è quanto.
= Quelli nominati erano veramente fratelli di Gesù, ossia figli di Maria, oppure no?
Innanzi tutto l’espressione ”Fratelli di Gesù” non è sinonimo di ”Figli di Maria”. Nel greco della LXX, nel greco classico ed ancor più nella KOINE’ il greco parlato dal popolo, che risentiva molto dei significati vari del termine FRATELLO dell’A.T. ADELPHOS era un termine comune per dire parenti, cugini, consanguinei, confratelli, ecc. anche se esistevano termini specifici quali Anepsiòs e Syggenòn. Ciò premesso, possiamo approfondire l’argomento.
Marco 6,3 insieme a Matteo 13,55 ci danno la lista dei 4 presunti fratelli di Gesù ed è ancora Marco 15,40 che si premura di far sapere che Giacomo e Giuseppe, i primi due della lista, sono figli di una certa Maria, una di quelle donne che stavano ad osservare da lontano la crocefissione e che non era certamente la Madonna perché questa stava sotto la croce.
Mc 15,40: “Vi erano anche delle donne che guardavano da lontano, tra cui Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo il minore e di Joses”
Mc 15,47: “Maria di Magdala e Maria madre di Jose continuavano a guardare dove era stato posto”
Pertanto dobbiamo dedurne che, per i primi presunti “due fratelli di Gesù”, viene indicata la vera madre in Marco 15,40.47: sono figli di un’altra Maria.
Nelle liste il quarto è Giuda, Giuda Taddeo, probabilmente quello della lettera canonica che porta il suo nome, il quale, al primo verso, per farsi identificare, dice di essere fratello di Giacomo. Quindi, dei 4 PRESUNTI ”fratelli” del Signore, almeno tre sono noti e sono figli dell’altra Maria, quella che guardava da lontano e che, secondo Giovanni 19,25 era moglie di Cleofa.. Lo storico Egesippo (ll° secolo) ci fa sapere che anche Simone era figlio di Cleofa e che Cleofa ed Alfeo erano la stessa persona, un fratello di Giuseppe.
In Luca 2,7 possiamo leggere che Maria ”diede alla luce IL suo figlio PRIMOGENITO” Ciò esclude senza possibilità di dubbio ogni altro figlio prima di Gesù. Su questo non c’è alcun dubbio.
= Ma si afferma che Gesù verrebbe definito Primogenito poiché sarebbe stato il primo della serie di fratelli e che comunque ‘primogenito’ non significherebbe anche unigenito.
Per la cultura ebraica del tempo, essere chiamato Primogenito era un titolo onorifico di predilezione. per es. in Esodo 4,22: Dio dice ”Israele è il mio figlio primogenito”; Salmo 89,28 Dio dice di Davide: ”Io lo costituirò mio PRIMOGENITO, il più alto dei re sulla terra”; Geremia 31,9: ”Efraim è il mio PRIMOGENITO” dice Dio;
Ebrei 12,22-23: ”Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente alla Gerusalemme celeste ed a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e
all’assemblea dei PRIMOGENITI iscritti nei cieli” Potrebbero essere citati molti altri passi, ma riteniamo che questi possano essere sufficienti.
C’è un altro documento inconfutabile che ci fa capire come venisse usato il termine primogenito anche al di fuori del significato di primo di una serie. Nel 1922 in un cimitero ebraico in Egitto, venne scoperta una tomba la cui lapide, risalente al 22 gennaio del 5 a.C., dice che la donna ivi sepolta è morta dando alla luce il suo figlio primogenito (prototocos). Ovviamente è certo che quella madre non ha potuto dare alla luce altri figli!
Dopo la morte, quando si è reso necessario preparare e seppellire il corpo di Gesù, questi presunti fratelli e sorelle, dov’erano ?
Mt 27,56 “Tra costoro (c’era) Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe e la madre dei figli di Zebedeo”
N.B.: (pertanto rileviamo che la madre di Giacomo, Giuseppe e Giuda Taddeo era Maria di Cleofa.
Mc 6,3: “Non è costui il carpentiere, IL figlio di Maria,…….
N.B.: L’articolo determinativo IL sta ad indicare ”l’unico figlio di Maria.” Se così non fosse, l’autore sacro avrebbe scritto: “Uno dei figli.”
Mc 15,40: “Maria madre di Giacomo il minore e di Joses” (se questa Maria fosse stata la Madonna, l’evangelista avrebbe detto “sua madre”, mentre invece viene indicata come la madre di cugini o di parenti prossimi. Vedi Mc 15,47; Mt 27,56.61; 28,1; Lc 24,10)
Mc 15,47: “Maria di Magdala e Maria madre di Jose…” (o Giuseppe)
Mc 16,1: “Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, comprarono…”
Gv 19,25-27: Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Ma ci sono ancora altre osservazioni da fare alla luce della Bibbia. In Giovanni 19,26-27 leggiamo che l’apostolo Giovanni, da quando Maria gli venne affidata da Gesù, la prese in casa sua. Il buon senso e la conoscenza delle rigide regole della cultura ebraica, ci portano ad escludere la possibilità che Maria avesse altri figli: infatti, se fossero esistiti, Gesù avrebbe affidato a loro la propria madre, e questi non avrebbero permesso che un estraneo prendesse in casa la loro madre.
At 1,14: “La madre di Gesù con i fratelli di lui”
N.B.: Se Maria avesse avuto altri figli, l’evangelista avrebbe logicamente scritto: “La madre di Gesù con gli altri suoi figli!”
Gal 1,19: “Degli apostoli non vidi nessun’altro se non Giacomo il fratello del Signore.”
N.B.: questo Giacomo “apostolo” si identifica con il figlio di Alfeo, vedi Mt 10,3
N.B.: l’ebraico e l’aramaico usano il termine fratello (Ah) anche per indicare cugini e parenti prossimi appartenenti allo stesso “clan” familiare o tribù, come confermano i seguenti passi dell’A.T.:
La Bibbia, quando vuole indicare che dei fratelli sono figli degli stessi genitori, lo dice chiaramente proprio per evitare eventuali malintesi dovuti alla genericità del termine adelphòs. Infatti, in Genesi 12,5 leggiamo: ”Abram dunque prese la moglie Sarai e Lot, figlio di suo fratello”
Ma più avanti, in 13,8 leggiamo che Abramo dice al nipote Lot: ”Non vi sia discordia tra me e te …perché noi siamo fratelli”; Labano era il genero di Giacobbe, ma in Genesi 29,15 leggiamo: ”Labano disse a Giacobbe: sei tu mio fratello”
In Genesi 27,37 è scritto: ”Isacco rispose e disse a Esaù: ecco, io l’ho costituito signore tuo e gli ho dato come servi tutti i suoi fratelli.” (Giacobbe ed Esaù erano gemelli e non avevano fratelli. E’ evidente, pertanto, che le parole si riferiscono ai parenti più prossimi).
Genesi 29,15 “Labano disse a Giacobbe: sei tu mio fratello” (erano suocero e genero)
Tob 4,13: “Ama, o figlio, i tuoi fratelli” (N. B.: Tobia non ha fratelli !)
Attenzione. Come tutti sappiamo Giacobbe ed Esaù erano gemelli enon avevano fratelli; pertanto le parole di Isacco si riferiscono ai parenti più prossimi. Ancora, in Giudici 16,31 leggiamo: ”I suoi fratelli e tutta la casa di suo padre scesero e lo portarono via” Questo versetto si riferisce alla morte di Sansone. Ma Sansone era figlio unico; nacque per intervento divino da una donna sterile.
Sia nell’A.T. che nel Nuovo, spesso, quando si vuole indicare che il vocabolo fratello oppure figlio sono utilizzati nel vero significato della loro accezione, vengono rafforzati con SUO, PROPRIO, ecc.
Deuteronomio 27,22 ammonisce: ”Maledetto chi si unisce con la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre”. In Giovanni 1,41 si precisa dell’apostolo Andrea che prima ”Questi trovò il PROPRIO fratello Simone e gli disse…” In Genesi 43,29: ”Quando egli alzò gli occhi e vide Beniamino suo fratello, figlio di sua madre”. Salmo 69,9 ”Miei fratelli… figli di mia madre”
E’ dimostrazione lampante che la parola fratello aveva valenza anche di cugini o parenti prossimi: leggiamo 1°Cronache 15,5: ”Uriel il capo e i suoi fratelli, 120”; ed ancora 1°Cronache 9,6: ”E dei figli di Zera, Ieuel e 690 loro fratelli”; 1°Cronache 9,9 ”E i loro fratelli, secondo i loro discendenti, furono 956” 1°Cronache 9,13: ”E i loro FRATELLI, capi della casa dei loro antenati, 1.760 uomini potenti e abili…” E da ultimo è importante citare Esdra 2,35 “figli di Senaa: 3.630” !!!
A questo punto ci sarebbe da chiedersi come avrà fatto la madre di 3.630 uomini (evidentemente senza parlare delle figlie) …
ANCORA UN CHIARIMENTO: Mt 1,25: “Giuseppe non conobbe Maria FINCHE’ ella generò un figlio ed egli lo chiamò Gesù.”
La frase greca parla di una castità dei due sposi “finché” Maria diede alla luce un figlio. Ora in
italiano quando si dice che una cosa non succede “fino a” un certo tempo, non autorizza a supporre che abbia luogo dopo.
In greco e nelle lingue semitiche con quella formula si vuole mettere l’accento solo su ciò che avviene fino alla scadenza di quel “finché…”:
Non leggiamo mai nei vangeli “Maria e i suoi figli”, neanche nel Cenacolo, ma sempre “i fratelli di lui” (At 1,14)
Vi sono molti esempi nella Bibbia che documentano come il “finché” dice cosa è avvenuto fino a quel momento, ma non rivela nulla del dopo.
Gen 8,22: “Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno”
Mt 16,28: In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno>>.
Dt 12,1: “…paese che il Signore, Dio dei tuoi padri, ti darà perché tu lo possegga finché vivrete sulla Terra.”
2° Sam 6,23: “Micol, figlia di Saul, non ebbe nessun figlio fino al giorno della sua morte.” Ne ebbe dopo?
Sal 72,7: Abbonderà la pace finché non si spenga la luna
NULLA CI AUTORIZZA AD INVENTARE COSA ACCADE DOPO IL “FINCHE’ “
Nella Bibbia, la lingua ebraica appare povera di vocaboli (basta paragonare i suoi meno di 5.000 vocaboli, con l’italiano degli attuali dizionari che di vocaboli ne presentano oltre 38.000!) Sembra logico quindi che ogni singolo vocabolo ebraico possa avere più significati o sinonimi.
In particolare, il termine Ach, fratello, veniva attribuito indistintamente a persone imparentate tra loro: nella cultura dell’epoca, infatti, tale termine veniva usato per indicare i vari membri dello stesso ‘clan familiare’, consanguinei, legati da vincoli di parentela anche diversi.
Gli evangelisti, di cultura ebraica, e quindi abituati all’uso del termine Ach, fratello, nei loro scritti in greco, hanno traslitterato secondo la loro cultura certe parole ebraiche e, tra esse, il termine “Ach” in adelfos, usandolo anche per i parenti di Gesù.
Infatti, in queste occasioni, parlando dei cosiddetti ‘fratelli di Gesù’, viene sempre e soltanto usato il vocabolo ‘adelfos’ (fratelli) e mai, ad esempio ‘anepsios’ (cugini) come avrebbero potuto indicare se non fossero stati condizionati dalla loro cultura ebraica.
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