Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-27;16,12-15)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
PREDICAZIONE DEL CARDINALE GIACOMO LERCARO
Solennità di Pentecoste
È il cinquantesimo giorno che chiude la Pasqua; i giorni che abbiamo passati dalla Pasqua ad oggi sono stati tutti una celebrazione del mistero di Cristo che soffre, che muore, che è sepolto, che risorge e ci redime.
La Pentecoste è il primo grande frutto dell’opera sua redentiva che abbiamo celebrato nei cinquanta giorni del Tempo Pasquale. Con l’effusione dello Spirito Santo, che Cristo aveva promesso, dicendo però che se non affrontava la croce e la morte non avrebbe potuto mandarlo, egli fonda la Chiesa e la invia nel mondo, per comunicare a tutti gli uomini il frutto della redenzione, per fare di tutta l’umanità la famiglia di Dio, il popolo di Dio, una famiglia nella quale Dio sia Padre e noi siamo i suoi figli, eredi intorno al primogenito che è Cristo Gesù.
Lo Spirito Santo radunerà questa famiglia dai confini della terra e la cementerà in unità di fede e in unità di carità, distribuendole i Suoi doni diversi, distribuendole i servizi, i ministeri, le diaconie, distribuendo le attività varie perché nella varietà dei doni, nella varietà dei ministeri, dei servizi, delle attività, l’unità della famiglia si cementi, l’uno venga incontro all’altro; nessuno è sufficiente a se stesso, tutti sono l’uno bisognoso dell’altro e l’uno a servizio dell’altro.
Ecco che cosa ci hanno detto queste letture: la prima parlava dell’effusione dello Spirito Santo; dieci giorni dopo l’Ascensione lo Spirito si effonde sulla piccola comunità. Sono centoventi persone, lo Spirito aspetta che siano radunati tutti nello stesso luogo, i dodici, la Vergine e gli altri discepoli. Lo Spirito Santo si effonde improvvisamente, è un dono che Cristo manda ai suoi “e venne d’improvviso dal cielo un rombo”, si effonderà largamente. Così, secondo l’espressione tipica di Luca, non solo tutti furono ripieni di Spirito Santo, ma anche tutta la casa dove stavano godette di questa effusione piena dello Spirito Santo.
C’è una manifestazione anche sensibile, il vento gagliardo che investe la casa e la fa tremare; le fiamme dicono come questo Spirito sia forte, capace di conquistare in un attimo il mondo e come esso sia luce e calore di carità. Ma la manifestazione che più è sottolineata, notata, è il dare agli Apostoli il dono delle lingue.
San Luca ci dice: «Là c’era gente di ogni nazione che è sotto la cappa del cielo» e poi le enumera tutte – una frase per dire gente delle più varie nazioni – e questo vuol dire che l’Evangelo è destinato a tutta l’umanità, che la redenzione non è riservata ad Israele, ai figli di Giacobbe, a quello che era stato fino allora il popolo eletto, il popolo di Dio.
Popolo di Dio sono chiamate ad esserlo tutte le genti, senza distinzione di nazionalità, di colore, di razza, di latitudine, di classe sociale; tutti sono chiamati ad essere figli di Dio e a formare il popolo di Dio. La redenzione è universale, la Chiesa sarà cattolica, universale, destinata a tutti gli uomini: essa è il grande sacramento attraverso il quale Cristo opera nelle anime e nella comunità la redenzione. Ma in questa unità della chiesa, lo Spirito Santo moltiplica i doni.
E’ quello che ci dice San Paolo nel breve brano della prima lettera ai Corinti, dove rileva l’unità dello Spirito che anima la Chiesa, le dà la vita e comunica forza, di fronte alla varietà dei doni che lo Spirito dà ai singoli fedeli. Sono doni di intelligenza, capacità, forza e altri, e doni soprannaturali, quelli che in greco si chiamano carismi, il che vuol dire «dono gratuito, grazia», doni che lo Spirito Santo distribuisce diversamente, ma perché servano tutti alla comune edificazione, al bene comune. Non sono dati per un godimento privilegiato di chi li riceve, ma sono dati per l’utilità di tutti.
E così soggiunge Paolo che ci saranno nella Chiesa, per i vari ministeri, servizi, diaconie, tutti volti al bene della comunità. Le attività della famiglia di Dio, dei suoi singoli componenti e delle comunità parziali che compongono la grande comunità ecclesiale, saranno per il bene di tutti. E Paolo illustra questo punto di vista che fonda l’unità vera della Chiesa, che non neutralizza tutte le varie attività, servizi e doni, ma che, lasciando la libertà e la molteplicità, tutto utilizza, nello Spirito Santo, per il bene di tutti.
Paolo lo illustra con il paragone del corpo umano che ha molte membra, diverse tra loro e con compiti diversi, ma tutte volte al bene di tutto il corpo; in un certo senso Paolo riprende l’apologo di Menenio Agrippa per dimostrare che la diversità dei doni, dei ministeri, delle attività non deve infrangere, ma deve servire all’unità e al bene di tutto il corpo ecclesiale.
In San Paolo l’apologo assume però una radice ben più profonda quando, al termine del brano, egli dice «Sia giudei, sia greci – cioè qualunque sia la razza nostra – sia schiavi sia liberi – cioè qualunque sia la condizione a cui apparteniamo – siamo stati battezzati in un solo Spirito, per formare un solo corpo». Paolo si riferisce piuttosto al corpo umano di Cristo, all’umanità intera di Cristo – il corpo ne è la parte visibile, cioè il Sacramento sul quale è fondata l’unità nostra, l’unità della Chiesa e delle singole comunità che la formano; l’unità di questa nostra comunità familiare è basata sull’unità del Corpo di Cristo, Sacramento di unità, ed essendo battezzati siamo inseriti in questo Corpo, ma anche da questo Corpo e dal suo Sangue siamo abbeverati, come dice Paolo, nello stesso spirito per vivere nell’unità.
I due Sacramenti, del Battesimo e dell’Eucaristia, danno la nota fondamentale della nostra inserzione in Cristo e della nostra unità in Lui; l’uno la fonda; e l’altro la nutre e l’accresce. Così le due lezioni che abbiamo letto, l’una dagli Atti e l’altra da Paolo, convergono in questo pensiero che è realmente il pensiero della Pentecoste, la comunione di unità nella fede e nella carità.
Il brano del Vangelo di Giovanni ci ricorda la missione della Chiesa nel mondo: «Pace a voi! come il Padre ha mandato me, io mando voi». Gesù affida agli apostoli il compito di redenzione che aveva avuto dal Padre perché attraverso i sacramenti della salvezza lo portino nel mondo; è la specifica missione degli Apostoli alla quale, però, tutti siamo chiamati a cooperare. Ogni cristiano è chiamato a cooperare alla missione di salvezza. In questo giorno della Pentecoste la Chiesa inizia la sua missione. Poi Pietro inizia a parlare e,
al suo discorso, i primi convertiti entrano nella Chiesa, la piccola comunità assurge al numero di qualche migliaio. Siamo davanti a questo mistero, non lo possiamo lasciar passare, lo abbiamo meditato un momento attraverso le Scritture, ma occorre ricordare anche le invocazione allo Spirito Santo che accompagnano sempre la Pentecoste e delle quali la più bella, direi, è quella che abbiamo ascoltato al termine della seconda lettura: «Vieni, o Spirito Santo, manda dal cielo un raggio della tua luce».
Quanto abbiamo bisogno dello Spirito Santo, quanto abbiamo bisogno della sua luce «per avere il gusto del bene» diceva l’orazione iniziale! Siamo portati così facilmente al male; voi lo vedete anche nella società che ci circonda; siamo portati all’avidità, alla sensualità, all’orgoglio, all’egoismo. Siamo così facilmente portati a chiuderci in noi stessi, è il gusto del male che il peccato ha lasciato in noi. Chiediamo allo Spirito Santo «Sana ciò che è ferito, piega ciò che è rigido, sorreggi quello che facilmente travia»; lo chiediamo allo Spirito Santo, ognuno per sé, ognuno per tutti, in questa comunione di carità che ci deve unire.
Abbiamo bisogno che la Pentecoste ci rinnovi: «Manda il tuo Spirito Signore e rinnova la faccia della terra»; manda il tuo spirito e rinnova la faccia della nostra comunità, sii tu ad illuminarla, a darle il gusto del bene, a riempire i cuori nostri del fuoco del tuo amore. Sono tutte richieste che la liturgia fa allo Spirito Santo perché anche questa nostra piccola comunità possa essere una espressione non del tutto dissonante da quella espressione che tu hai voluto e tu vuoi nella Tua Chiesa.
E’ questa la nostra preghiera stamattina, è questa l’invocazione mentre per alimentare questa unità, che già il Battesimo ha stabilito tra noi, che la provvidenza chiamandoci qui ha rinforzato, per rinforzarla ancora, per nutrirla, per renderla superiore a tutti gli egoismi, noi ci uniremo nel mangiare lo stesso pane.
+ Giacomo Card. Lercaro